TRAMA:
Invisibile, un regista di oggi si ritrova, come per magia, all'interno
dell'Ermitage, nella San Pietroburgo del Settecento. In compagnia di un diplomatico francese dell'Ottocento, compie un viaggio nel tempo, dall'epoca di Pietro il Grande e dell'imperatrice Caterina a quella degli zar Nicola I e Nicola
II, sino ai giorni nostri. Il racconto – meglio: la fantasia – si svolge in un'unica sequenza ininterrotta “come se fosse un solo respiro” (A. Sokurov), grazie a una speciale videocamera digitale portatile ad alta definizione, su un labirintico percorso di 1300 m attraverso 33 set illuminati (Palazzo d'Inverno, piccolo Ermitage, vecchio Ermitage, teatro dell'Ermitage). Dopo mesi di prove 867 attori, 3 orchestre, 22 assistenti alla regia e la troupe
tecnica russo-tedesca sono entrati in scena tutti insieme per un'ora e mezzo. Il direttore della fotografia e operatore alla steadycam è il tedesco Tilman Büttner (1961), premiato nel 1995 per Lola corre. Nessuno aveva mai fatto nulla di simile prima, ma a che cosa approda questa prodezza tecnico-formale? tentativo di penetrare nel fluire del tempo? meditazione sul “tempo storico” che non può morire? testimonianza poetica sul filo di una rêverie nostalgica, sulla fine di un'epoca? Forse la risposta si trova nello straordinario finale: il vento che soffia attraverso i saloni dell'Hermitage si spegne nel buio minaccioso della notte fredda, a pochi passi dalle acque della Neva. Il
13º lungometraggio di Sokurov è un film di fantasmi ideato e realizzato da un cineasta che cerca la dimensione del sacro nell'umano e per il quale il cinema non è il riflesso della realtà: la reinventa al di là dello specchio.
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